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martedì 22 novembre 2011

Tutta la sofferenza possibile

Domenica, 31 Ottobre 2010

Ho tanto, tanto dentro. Tante belle cose, tutte destinate solo a quegli amici più cari che tanto amo. Tanto schifo. Destinato probabilmente solo a me stesso, perché le persone a cui in realtà è destinato non devono e non vogliono sentire. Non devono: implicherebbe una vicinanza fisica alla causa di tutto il male interiore che mi porto dentro da due anni. Non vogliono: si rifugiano nel loro diritto di "non coinvolgimento", causando ulteriore dolore.



Accantono per un momento l'idea di scrivere un post fitto fitto e difficilmente leggibile, con il solo scopo vanitoso di dimostrare visivamente l'assembramento denso e caotico che c'è in me. Meglio propendere per una stesura più chiara.



Il problema è mio fratello. Più a monte, il problema era quell'Altro. Ma l'Altro non c'è più.



L'Altro è stato il mio più grande amore. Unilaterale.

Di lui mi sono innamorato ascoltando le sue confidenze, le sue speranze e le sue disillusioni. A lui ho confessato il mio nuovo e sorprendente sentimento. Di lui non ho capito la totale inumanità.



Non c'è stato corteggiamento. Io ho subito messo le carte in tavola, lasciandogli campo libero in tutto. Ero in un periodo stranissimo, uscivo da un periodo di profondo odio verso me stesso che andava risolvendosi dopo il coming out. Ero debole e vulnerabile senza esserne cosciente. Era la mia prima volta "di cuore".



Lui, uomo di mondo, viveur bisessuale fascinoso, saccente e stronzo (quindi per me irresistibile) cominciò a giocare con me. Mi prendeva, mi illudeva, mi lasciava.

La tortura continuò per due settimane. Qualche estratto:



"Se per te va bene, possiamo provarci"

io: "...!"

-un'ora dopo

"no, non potrebbe proprio funzionare, non mi piaci"





"(ubriaco, dopo aver passato la sera a cercarmi, baciarmi e tenermi stretto) Domani per te sarà una giornataccia"

il giorno dopo, al telefono: "ero ubriaco. Non se ne fa niente"



Io cominciavo a impazzire. Passavo giornate e giornate a riempire bloc-notes di poesie e a girare per la casa senza pace. Mio fratello cominciò a definirmi "Lo zombie".



Finchè, il fatidico 24 luglio, i miei partirono per una vacanza lunga un mese. Lui decise solo allora che si poteva provare. L'idea di una casa vuota, di un concubino dedizioso e probabilmente una molesta noia lo spinsero a iniziare a distruggermi. Il 24 luglio mi comunicò questa decisione portandomi in camera, spogliandomi e prendendomi di tutta violenza. Sanguinai per due giorni. Il suo unico commento davanti al suo pene sporco fu "Che schifo". E io chiuso in bagno, dolorante, disgustato e innamorato perso.



Iniziò così, con brutalità. Io non capivo niente. Lui tesseva trame e schemi. Grazie alla mia intercessione ("Ma no ragazzi. Sembra viscido, ma è una bravissima persona. Dategli questa possibilità") riuscì a stabilirsi in pianta fissa nella compagnia. Sempre grazie a me riuscì a superare la forte diffidenza che mia cugina (la mia anima gemella) provava nei suoi confronti.



Mise le cose in chiaro dopo 3 giorni di sesso. Mi disse, con una finezza verbale di tutto rispetto, "Vieni con me, ti porto nello Scoparium". Lo Scoparium altro non era che la casa della sua defunta nonna. Arrivati nell'appartamento mi portò in una stanzetta e mi lasciò solo, dicendomi di mettermi comodo, che sarebbe tornato subito. Si presentò nudo ed eretto, con in mano un vassoio con sopra due bicchieri e una bottiglia di scotch. Cominciammo a bere, così, senza un perché. Mi fece ubriacare. Mi prese ancora una volta. Io sanguinavo. Macchiai il lettino. Eravamo entrambi troppo ubriachi per poterci anche solo avvicinare a un orgasmo. Dopo un'ora e mezza di strofinio, si fermò, tutto sudato. Biascicò: "Fino a settembre. Poi tutti amici come prima. Prendere o lasciare". Presi. Lui poteva cambiare. Si sarebbe innamorato. Tutto sarebbe andato a meraviglia. Riprese da dove si era interrotto. Finimmo (rinunciandoci) 2 ore dopo. Tornato a casa crollai per la stanchezza.





Cominciò a violentare la mia anima lentamente, giorno dopo giorno. Tutto l'amore che riversavo su di lui si tramutava puntualmente in commenti dolorosissimi. Mi volevo ancora troppo poco bene per immaginare una situazione diversa da questa. Tutto il mio nascente amor proprio morì nel giro di due settimane. Ecco i commenti migliori:

"Certo che sono proprio messo male per stare con te"

"Sei uno sfigato. Non ti sai vestire. Fai proprio pietà"

(mentre cucinavo per lui dopo una serata carnale) "Con una donna è molto più bello"

"Cosa continui a correre? Tanto sei un caso senza speranza"

"Ti puzza il fiato, stammi alla larga" (e mi prese una psicosi da dentifricio. Me li lavavo così spesso che per un mese ho sofferto di gengivite)

"Scopiamo" (in ogni luogo e momento. Lui ha sempre e solo scopato. Io facevo l'amore.)





Lo facevamo ovunque. Assecondavo tutte le sue fantasie più schifose. Una volta mi picchiò. Reagii indignato, ma vedendo il suo sguardo farsi freddo tornai subito a tacere. Eravamo oggetto del pubblico ludibrio di tutta la compagnia. Lui mi metteva alla prova corteggiando davanti a me delle ragazze. Io stavo zitto e mi sforzavo di sorridere, poi lui si avvicinava e diceva "Bravo. Questo è proprio l'atteggiamento che mi aspetto da te".





Ero cieco. Quello che per lui era un passatempo momentaneo per me era la storia di una vita. Lo sapevo, almeno credo. Ogni giorno passava con il tic-tac degli orologi come sottofondo. Sentivo che settembre si avvicinava e temevo la fine di quello che consideravo un sogno.





Ho rimosso molto di quel periodo. Lo so, sembra strano vista la ricchezza di dettagli che ho fornito finora, ma credo di essere riuscito a cancellare le parti più schifose. So solo che il 20 agosto le cose cambiarono.



Io e i miei amici vivevamo in una sorta di comune hippie in casa mia. Lui quella mattina mi portò in cucina e mi disse: "Ho parlato con una mia amica. Lei è convinta che ti stia facendo troppo male, che ti stia usando. E' meglio troncare".



Ero combattuto interiormente. Mi spiaceva tanto, ovviamente, ma ero così felice che lui stesse maturando sentimentalmente... Lo abbracciai piangendo e lo lasciai al suo destino, contento di averlo aiutato a crescere.



Lo stesso giorno alle sei di sera mia cugina ricevette una telefonata trafelata e senza fiato. "Lui è lì? Digli di aspettarmi! Sto arrivando di corsa. Sono un coglione"



Arrivò sudatissimo. Mi riportò in cucina. Mi abbracciò fortissimo. Mi baciò. Mi strinse ancora e mi disse: "Perdonami. Non avevo capito la forza di quello che provavo per te. Resta con me..."



E dentro di me il putiferio. Capodanno. Altro che toccare il cielo con un dito. Ce l'avevo fatta.  Fu forse la sera più bella di tutta la mia vita. Facemmo l'amore lentamente e dolcemente, per una volta. Ancora non sapevo che se lui era tornato era solo per la soddisfazione delle sue gonadi.



Il giorno dopo partì per Roma, regalo di compleanno.



Il giorno dopo ancora arrivò una telefonata a mio fratello. Rideva. Non lo dimenticherò mai. Rideva. Poi, con un sorriso ebete: "Ahahah! E' appena arrivato a Roma e si è già sbattuto uno!"





Morto. Eravamo sul Lago di Como. Morto. Guardavo l'acqua. Io ero più freddo di quell'acqua. Non scorreva più il sangue. Qualcosa si è spezzato. CROLLO. L'unico CROLLO definitivo di tutta la mia vita. Tabula rasa.





Tornò qualche giorno dopo. Lo portai in cucina. Era ormai un sacrario per queste situazioni. Gli dissi: "E' chiusa". E lui, raggiante: "Meno male. Volevo chiudere io...".





Rimasi prigioniero di una situazione agghiacciante. Amici come prima. E io abbastanza stupido da tentare di adeguarmici. Passavo le giornata in un angolo a suonare il clarinetto. Stupido blues di uno stupido che non lo sa suonare. E lui in casa. Lui sempre in casa. Un giorno lo fermo in corridoio e, a sguardo basso, gli chiedo scusa per il mio comportamento schivo. Gli spiego che la ferita era ancora sanguinante. Che per me era dura. In tutta risposta: "Capisco. Ma non vedo comunque l'ora di raccontarti di Roma e di quel ragazzo. Verrà a trovarmi a breve".



Secondo CROLLO in pochi giorni. Le poche Carte che stavo rialzando, sbilenche e instabili, tutte spazzate via in un soffio.



Non ce la facevo. Non potevo farcela. Doveva sparire. Era un incubo. Mi addormentavo la sera e al mattino lo trovavo nella branda di fianco al mio letto. Tutti parlavano di lui.



Scoppiai. Un mattino iniziai a piangere e non riuscii più a smettere. Sentendomi singhiozzare il ragazzo di mia cugina venne a vedere cosa stava succedendo. Mi trovo su una sedia, tremante e gocciolante. Mi abbracciò senza dire una parola e mi tenne stretto a lungo. Ancora oggi, nonostante tutto quello che è seguito, provo gratitudine nei suoi confronti.



Chiamai mio fratello: "Non lo voglio più vedere. Fuori di casa."





L'Altro cominciò a infamarmi. Scrisse che era passato "Dalla merda all'oro". Per me, memore e segnato dalla prima volta che mi aveva montato, fu uno shock escrementizio. Quando sfogai tutto il mio dolore su un altro blog, ebbe il coraggio di commentare dicendo che la mia era una visione parziale della realtà.





Lo cancellai da tutto. Ovviamente non da me e dal mio mondo reale. Non si può.





Sono fermamente convinto della persistenza del sentimento. Chiunque sia in grado di provare dei sentimenti, di amare, non può spegnerli da un giorno all'altro. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Il mio amore senza confini si tramutò in un odio disperato. Tutt'oggi desidero la sua disfatta più completa e continuo con un'inutile opera di damnatio memoriae.





Com'è ovvio che sia, la compagnia lo allontanò e si strinse attorno a me, vulnerabile, tremante e bisognoso di cure.







...





ci avete creduto?





La compagnia si strinse attorno a lui. Fui abbandonato da tutti. Smisi di vederli. Mio fratello e gli altri continuavano a citarmelo, a propormelo, a portarlo in casa con me presente. Divenni paranoico. Tempestavo di domande mio fratello quando usciva "C'è lui? Con chi vai??"

Quando a Capodanno gli amici rifiutarono il mio invito a una festa casalinga per festeggiare con lui, arrivai al punto di non ritorno. Il primo gennaio li avvertii: non mi avrebbero più visto, avevo bisogno di tempo da solo per elaborare il mio dolore. Tempo che nessuno di loro mi ha mai lasciato.



Da allora mia cugina non mi rivolge più la parola, suppongo perché ha preso la mia decisione come un atto di orgoglio. Se non ci uscisse mio fratello, avrei perso anche i contatti con tutti gli altri.





E ora arriviamo al punto. Mio fratello ci esce. Ci esce nonostante tutto. Nonostante mi abbia visto a pezzi, mi abbia visto piangere, maledire il suo nome  e farmi del male. Stasera è con lui.



L'altra sera l'ho affrontato. Sono due anni che ingoio rospi ogni volta che so che sono insieme. Gli ho detto che penso di lui cose che di un fratello non bisognerebbe mai pensare. La sua risposta è stata "Smetti di rompere il cazzo".






E ora sono qua, pronto e disposto a causare tutta la sofferenza possibile.

Quello stronzo si è portato via tutto. Il mio amor proprio. La mia capacità di innamorarmi. Addirittura, fino ai miei primi approcci fisici con Cubo, non riuscivo più a raggiungere l'orgasmo.

Si è portato via mia cugina, ora sua migliore amica. La mia compagnia.

E ora mio fratello.





Ma ho smesso di soffrire in silenzio. Qua non siamo in un'agiografia. Nonostante Cubo sostenga che sia inutile ("Tuo fratello ha già fatto la sua scelta tempo fa, scegliendo di restargli amico"), io a mio fratello tengo tantissimo. E dentro di me non posso sopportare oltre la situazione.



O me. O lui. Scelga. Soffrendo. Non ha più importanza.





E' ora di tagliare l'ultimo legame rimasto.

Carta Zero, Seme Zero

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