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venerdì 20 aprile 2012

Onnipotente stanchezza

Better to reign in hell than serve in heaven


Così faceva dire l'amico Milton a Satanasso.

Io al momento credo di essere agli antipodi di questa affermazione.
Sono sempre stato il Dio della mia vita. L'imperatore assoluto, il monarca implacabile con me stesso e con gli altri, ma dolce e permissivo nei momenti migliori. Ecco, basta.

Basta. Non è giusto che io abbia questo potere. Non è giusto che io possa, con una decisione, cambiare la vita mia e di altre persone che amo. Nessuno dovrebbe avere questo potere sugli altri. E' una cosa da grandi. Io sono piccolo piccolo.

Al momento regno sul mio inferno privato. Tutto gira come dico io, sto sistemando le poche cose ancora fuori posto nel mio mondo a pezzi. Tutto è sotto controllo. Tutto va a rotoli, con eleganza.

Ma io voglio abbandonarmi. Io voglio lasciarmi andare, lasciare che il vento di un altro Dio porti via queste carte impilate alla cazzo. Non reggo più il peso della responsabilità dell'infelicità altrui. Non ho il distacco cinico di un Dio come si deve. Io sono un Dio a cottimo, q.b., secondo necessità. E autoreferenziale. Fare il Dio degli altri... no. Non fa per me.

Io voglio essere suddito. Fanculo all'orgoglio. Fanculo all'amor proprio, alle regole rigide di una vita che non so quanto ho scelto di mia iniziativa, a una carriera che non mi convince, al futuro incerto. Fanculo. Voglio un Dio che provveda alle mie necessità. Una personalità schiacciante che mi prenda, mi annulli e mi dica: "Adorami. Stacca i pensieri e adorami. Penserò a tutto io". Sono troppo immaturo per assumermi le responsabilità che mi spettano.

Voglio servire in paradiso.

Ma, inevitabilmente, Dio si nasce.

Questa è solo stanchezza.

AssoDiPicche

domenica 8 aprile 2012

Di Supernova, Fate nel Cielo, Aeroplani ed Eutanasia


Ho dovuto farlo. Ho chiuso una relazione che non sarebbe mai cambiata. 

Pochi rimpianti, l'errore è di non avergli detto del mio progetto: farla diventare una relazione normale, con tutto condiviso, nessun segreto e tutto in comune. Ma senza un suo coming out è impossibile. E non si costringe la gente ai coming out.

Ci vogliamo un bene dell'anima. Mentre parlavamo cercavamo la mano l'uno dell'altro, per poi ritrarle, perché non possiamo più. Così non andremmo da nessuna parte.

E' stato uno strazio. Io piangevo, lui si tratteneva a stento. Una delle ultime cose che ci siamo detti:

"Cubo. In questi due anni c'è una cosa che non ho mai potuto dirti. E non posso dirtela adesso"

"Lo so. So cos'è. ...Anch'io. Credimi"

"...mi vorrai ancora bene? Riusciremo a restare amici?"

"...col tempo sì. Ora sono sconvolto. Dammi qualche giorno di tempo. Non voglio perderti"

" (scoppio a piangere) "

"...ehi... dai, bisogna fare i bambini grandi. Non i mocciosi, eh... cosa c'è?"

" ... supernova... e fate nel cielo... e aeroplani...aeroplanini di ca... carta (singhiozzi)"

" ... ... (si asciuga le lacrime) ... maledetta allergia"



[ti ho amato come nessuno prima - stai bene, Cubo... Dado. stai bene - e ogni tanto, se puoi]